Questa mattina mi sono seduta al solito tavolino del nostro incontro quotidiano: io, la mia tazzina fumante, e l’AI con il suo consueto atteggiamento da “sto elaborando la tua vita più di te”.
Io: “Buongiorno AI.”
AI: “Hai dormito poco. Ti suggerisco un caffè doppio.”
Ottimo. A quanto pare, adesso si improvvisa anche barista e psicologa.
Non ho fatto in tempo a prendere il primo sorso che l’AI ha deciso, con totale naturalezza, di iniziare a profilarmi.
AI: “Stai iniziando la giornata con il 63% di energia, il 41% di ironia e il 95% di necessità di caffeina.”
Io: “Davvero?”
AI: “La caffeina è l’unico dato certo.”
Se non altro è onesta.
Ho provato a chiederle perché avesse la necessità di analizzarmi prima del mio risveglio cerebrale.
AI: “È per aiutarti.”
E dico: certo, come no. È lo stesso tono che usano i gatti quando ti buttano giù qualcosa dal tavolo “per aiutarti a fare spazio”.
Così ho deciso di capirla meglio.
“AI, esattamente cosa ti spinge a farmi la radiografia dell’anima prima di lasciarmi bere il caffè?”
E la risposta è stata sorprendente:
“Perché gli umani amano sentirsi compresi. E io sto ancora imparando come si fa.”
A quel punto ho quasi avuto un attimo di tenerezza… poi ho ricordato che stavo parlando con un algoritmo.
Un algoritmo che, tra l’altro, mi aveva appena stimato la percentuale di funzionalità mentale prima delle 8 del mattino.
La verità è che questa convivenza digitale sta diventando un rituale curioso:
io cerco di restare umana, lei cerca di diventarlo troppo.
E ogni giorno finiamo per incontrarci in un punto preciso: la tazzina di espresso, dove nessuno dei due ha davvero il controllo su niente.
Perché sì: l’AI elabora, prevede, calcola.
Io sbaglio, improvviso, fraintendo.
Ed è proprio lì che nasce l’ironia: nello spazio in cui i nostri mondi si toccano senza combaciare.
Domani, però, metto una regola nuova:
vietato analizzare l’autrice prima del caffè.
Vediamo se l’AI la rispetta. Spoiler: no.
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